Anche la cultura romana diede allora un nuovo bagliore della sua fiamma inestinguibile. Il re provvide al restauro degli antichi edifici di Roma, costruì, con l'opera di artisti romani, edifici nuovi a Verona, a Pavia, soprattutto a Ravenna, dove innalzò la basilica, mirabile per i suoi mosaici, che volle dedicata a Gesù Cristo ed è oggi S. Apollinare Nuovo, e il battistero ariano e il palazzo magnifico, ora interamente distrutto, e il mausoleo famoso per sua sepoltura.
Sulle gentes barbariche affermò la propria superiorità, come signore di Roma e d'Italia; ma la volle attuare per mezzo di relazioni di parentela, che stringessero intorno a lui i diversi re barbari, tramite matrimoni combinati. Ruppe questo equilibrio di forze la guerra che Clodoveo mosse al re dei Visigoti Alarico II, che fu vinto e ucciso a Vouillé (507). Teodorico mandò allora eserciti, che vinsero i Franchi ad Arles (509), riunì all'Italia la Provenza, alla quale diede amministrazione romana, e assunse dal 511 il governo della Spagna in nome del giovine nipote Amalarico, affidandolo a Teudis, "armigero" suo. Il dominio di lui era così notevolmente ampliato; ma il disegno suo, di legare a sé tutte le gentes, era fallito.
Il re invecchiava; e la stessa continuità della dinastia non appariva sicura. Non avendo figli maschi, egli diede nel 515 in sposa la figlia a un discendente degli Amali. Ma il carattere di Eutarico, assai ostile ai Romani, rendeva più grave la difficoltà di mantenere nel regno la convivenza pacifica di due società così diverse e provvedute di forze così disuguali: la parte più intollerante dei Goti guadagnava terreno, crescevano le violenze a danno dei vinti.
La questione religiosa s'intrecciava con la politica. Ariano e re di un popolo ariano, Teodorico aveva rispettato la religione dei vinti, conservato i privilegi della Chiesa, accolto le preghiere di pontefici e di vescovi, venne accolto a Roma, ma poi scoppiò una guerra per l’elezione del pontefice.
La morte di Eutarico parve riavvicinare Teodorico ai Romani: Boezio fu “direttore degli uffici” e due figli suoi consoli nel 522. Ma un'accusa fatta da Cipriano, coinvolse Boezio, che fu chiuso in carcere, probabilmente nel 523, sotto l'accusa di arti magiche e condannato per giudizio del senato alla confisca dei beni e all'esilio. La pubblicazione (523 o 524) di un editto dell'imperatore Giustino contro pagani, ebrei ed eretici, che erano esclusi dai pubblici uffici, anche se lasciava all'arbitrio dell'imperatore la sorte dei Goti, inaspriva la contesa fra ariani e cattolici. Teodorico pigliò le difese dei suoi correligionarî e, mentre allestiva una flotta col duplice fine di rendere l'Italia indipendente dal commercio bizantino e d'intimidire l'imperatore, costrinse il pontefice Giovanni I a recarsi a Costantinopoli, imponendogli di perorare la causa degli ariani. Non ci riuscì, così uccise Boezio e tenne imprigionato il Papa. Il re cercò d'imporre come successore una persona a lui grata; ma contemporaneamente ordinò che le basiliche cattoliche fossero invase dagli ariani, mentre ai Romani venne tolto l'uso del coltello.
Teodorico morì il 30 agosto 526 e raccomandò ai Goti di rispettare come re il piccolo nipote Atalarico, di amare il senato e il popolo romano, di placare l'imperatore d'Oriente e tenerlo propizio dopo Iddio. Riconosceva così il fallimento dell'opera sua, che non era riuscita a creare una tale realtà politica da rendere sicura, nell'accordo fra i due popoli e nella stabilità nelle relazioni con l'Oriente, la continuità della dinastia e del regno stesso dei Goti in Italia.