Moda femminile
Costantinopoli, capitale dell’Impero romano d’Oriente(o bizantino), aveva una corte imperiale nota per gli ornamenti delle sale, gli abiti e i gioielli indossati dall’imperatore e dall’imperatrice.
Pregiate sete, ori, pietre lucenti, divennero ben presto un’inesauribile ispirazione per il mondo della moda.
La moda nell’impero bizantino (lanciata dall’imperatore in persona), in particolare nella capitale Costantinopoli, si modificò profondamente e ripetutamente nel corso dei secoli.
Dopo la caduta dell’Impero romano (nel 476 d.C.) si affermò definitivamente l’Impero d’oriente e nel 527 l’imperatore Giustiniano I cercò concretamente di riconquistare le regioni occidentali. Ne conseguì la creazione dell’Esarcato d’Italia, che aveva sede a Ravenna e che fu in seguito travolto dalle invasioni longobarde.
Questo definì l’influenza del Cristianesimo sul costume bizantino, la sua espansione in Italia, e di seguito la sua influenza sull’arte e l’abbigliamento, che sfocerà in interessanti differenze regionali nel medioevo e perfino nel costume folkloristico.
In breve, le conquiste e la conoscenza di usanze totalmente diverse da quelle latine, avevano portato a una ridefinizione del costume.
Durante le fasi iniziali dell’Impero era ancora in uso la toga romana, che al tempo di Giustiniano I (527-565) le classi più elevate la sostituirono con una tunica (per gli uomini) o con una stola (per le donne) coperte entrambe da un elaborato mantello di broccato. Furono introdotte le maniche, di origine orientale.
La donna, uniformandosi ai nuovi canoni estetici, divenne più sottile, con vesti accollate che coprivano il busto e un mantello leggero che ne proteggeva il suo pudore. Non estranei a questo fenomeno furono i discorsi dei primi apologeti e dei padri della chiesa.
Alla base dell’arte bizantina tuttavia c’era il concetto metafisico della luce, la quale doveva essere emanata dal sovrano e dalla consorte. A tal scopo erano fondamentali i tessuti serici coi loro riflessi e bagliori.
Gran parte della superficie dell’abito era tempestata di perle e gemme, conferendo alla persona un aspetto del tutto innaturale. La luce doveva riflettersi sugli aurei ricami e sulle pietre preziose esattamente come sui mosaici dei muri. Immaginate che spesso l’abito perdeva il carattere di unità formale, scomponendosi in singole parti splendide.
Determinante inoltre era l’uso del colore. La porpora, che poteva essere indossata solo dall’imperatore – detto Porfirogenito, ossia nato dalla porpora – era un colorante ottenuto da un mollusco gasteropode, che secerneva un liquido vischioso di colore violaceo, ma che poteva digradare dall’azzurro al rosso. La quantità di prodotto era minima e ci volevano migliaia di molluschi per tingere una veste: per questo motivo era rarissimo e molto costoso, e quindi adatto agli abiti di una divinità in terra.
Insomma, l’abito, per i bizantini, aveva una forte connotazione sociale.
Solo gli alti funzionari potevano portare sete preziose e i tessuti più belli erano riservati ai membri della famiglia imperiale.
La seta, tessuto perfetto per conferire luce al corpo, era stata importata fortunosamente dall’oriente: due monaci avevano infatti introdotto il bozzolo del baco da seta e Giustiniano aveva dato il via ad un importante laboratorio manifatturiero annesso al suo palazzo e severamente protetto contro qualsiasi tentativo di spionaggio.